giovedì 30 dicembre 2010

Parole, parole, parole...

Che cos’è che spinge l’essere umano a catalogare tutto? Curiosità, voglia di dare un nome alle cose, o più semplicemente l’istinto di voler spiegare tutto ciò che accade e ci gira intorno?
Tra pochi giorni finirà anche il 2010 e gli articoli più gettonati sui maggiori quotidiani online da Repubblica al New York Times sono quelli che cercano di individuare un termine che definisca l’anno in corso. Se volete mettere alla prova la vostra memoria rispetto agli eventi accaduti quest’anno e provare ad associare un termine che li descriva pienamente beh non vi rimane che andare sul sito di Repubblica e scegliere tra una miriade di termini, se invece volete essere voi in prima persona a proporre una parola che caratterizza il 2010, potete scrivere al new york times e vederla inserita in una lista infinita di termini dove saltano all’occhio parole come, Justin Bieber o vuvuzela (segno che la cultura pop dei bimbi “prodigio” e lo spettacolo rimangono nell’immaginario collettivo più di ogni altra cosa). Insomma ce n’é proprio per tutti i gusti e direi per tutti i linguisti. Analizzare i termini proposti tra cui anche molti neologismi come ad es. coffice (in Corea del Sud coffe shop abitualmente utilizzato dai clienti come ufficio grazie alla presenza gratuita di rete WI-FI, elettricità e altre risorse per lavorare) rappresenta una straordinaria opportunità di osservazione dei mutamenti della nostra lingua e della società. Fenomeni culturali spesso vissuti passivamente o senza troppa attenzione che emergono da parole e lessemi.
La cosa più straordinaria però rimane la nostra voglia irrefrenabile di provare a definire in modo quasi ossessivo un evento o un insieme temporale. Trovare una parola che definisca un insieme complesso di eventi come un anno. Missione possibile o impossibile? A noi la scelta. Per molti forse sembrerà un gioco e sarà anche divertente, ma personalmente continuo a pensare che nell’approccio con cui sceglieremo un termine piuttosto che un altro, confermeremo un impoverimento culturale che oggi affligge la nostra società ovvero l’idea quasi ossessiva di voler catalogare e iscrivere dentro a confini e categorie precise qualunque cosa, fregandosene del fatto che così facendo si perdono miriadi di significati ed emozioni difficilmente iscrivibili all’interno di un’unica parola o aggettivo.
Lasciamoci rapire dalle parole:-)

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